Bravi, musicali, un po’ ruffiani, grande voglia di stupire e accattivare, fuori dallo stereotipo del musicista sfigato o del professionista per passione, o ancora del poeta maledetto in bolletta perché ama l’arte, può e sa fare solo quello, ma sfortunatamente non è il momento, non è il giorno, non è il periodo, insomma non è vita per veri artisti.
Si potrebbe descriverli così i “Marilù”, gruppo al soldo di chiunque abbia voglia di ascoltarli, mercenari della musica, professionisti solerti e instancabili che vestono in jeans e camicia, che usano tablet e smartphone, non vanno in giro con improbabili moto anni 50 e capelli anni 50: giovani del 2000 che si divertono mentre fanno musica degli anni 50 e si fanno pagare per questo.
E hanno il grande pregio di divertire il pubblico che ha la fortuna di incontrarli.
Giovani che si divertono a riscoprire la musica di un tempo, quel pezzo di America (intesa come U.S.A.) che devia dal rock’n’roll e non si aspetta d’essere spazzata via dalla “British Invasion” del pop-beat e rock-blues.
Quella musica a metà tra due forme di ribellioni differenti, tra rock’n’roll statunitense e rock inglese, che era riuscita a conservare il lato prettamente ludico e genuino della musica: fuori dalle lotte politiche, dalle proteste, dall’inferno delle droghe, dalla forzata sperimentazione sonora.
Marilù si incontra lì, tra il twist e doo-wop, tra rhytm’n’blues e una spruzzata di surf.
Line up:
Marco Gioè: guitar & voice
Andrea Amico: doublebass & voice
Salvo Montante: drums & voice
Andrea Amico: doublebass & voice
Salvo Montante: drums & voice