Saro Di Bartolo: chi è?
Sebbene la fotografia abbia avuto, ed anche oggi ha, un ruolo importante nella mia vita, non mi considero un professionista. Mi definisco un "fotoamatore evoluto". La fotografia continua ad essere un divertimento per me. Anzi, mentre sento dire a molti amici professionisti che col passare degli anni non si divertono più, per me è il contrario, fotografare mi piace sempre di più.
Quando hai iniziato a fotografare?
Sono cresciuto negli Usa e a 12 anni ho avuto in regalo una "box camera", una scatolina nera di bachelite dal nome "Kodak Brownie". Siccome un riuscivo a capacitarmi del fatto che più mi avvicinavo ai ranocchi più le foto venivano "brutte", misi da parte la favolosa somma di $1.25 e comprai una pubblicazione determinante per il percorso della mia vita. Non si trattava de "Il Giovane Holden" (oggi definito "romanzo di formazione"), bensì di "Photography - A Golden Handbook", il "Manuale d'Oro della Fotografia”. Un librettino più piccolo di una mano con 160 pagine di dogmi intramontabili. Lo conservo ancora oggi e, anche se non lo consulto più, ogni tanto lo sfoglio con tenerezza, lo coccolo un po' e poi, per non farlo sentire inutile, leggo un paragrafetto qua e là. Fu così che scoprii che bastava anteporre gli occhiali da vista di mia madre ad una determinata distanza dalla lente frontale ed il ranocchio per magia diventava nitido. Il "salto di qualità" ebbe luogo qualche anno dopo. Sebbene fossi solo un ragazzino avevo capito che quello che era successo era una cosa molto brutta, ma ne ebbi la dimensione reale solo quando mio padre portò a casa "Life". Gli emigrati italiani non compravano "Life". Insieme alle foto del funerale di John F. Kennedy entrarono in casa mia e nel mio mondo un genere di immagini in b&n che non avevo mai visto prima e la curiosità fu davvero tanta. E' iniziato tutto da lì e poi col tempo sono divenuto via via appunto un "fotoamatore evoluto". [...]
Sebbene la fotografia abbia avuto, ed anche oggi ha, un ruolo importante nella mia vita, non mi considero un professionista. Mi definisco un "fotoamatore evoluto". La fotografia continua ad essere un divertimento per me. Anzi, mentre sento dire a molti amici professionisti che col passare degli anni non si divertono più, per me è il contrario, fotografare mi piace sempre di più.
Quando hai iniziato a fotografare?
Sono cresciuto negli Usa e a 12 anni ho avuto in regalo una "box camera", una scatolina nera di bachelite dal nome "Kodak Brownie". Siccome un riuscivo a capacitarmi del fatto che più mi avvicinavo ai ranocchi più le foto venivano "brutte", misi da parte la favolosa somma di $1.25 e comprai una pubblicazione determinante per il percorso della mia vita. Non si trattava de "Il Giovane Holden" (oggi definito "romanzo di formazione"), bensì di "Photography - A Golden Handbook", il "Manuale d'Oro della Fotografia”. Un librettino più piccolo di una mano con 160 pagine di dogmi intramontabili. Lo conservo ancora oggi e, anche se non lo consulto più, ogni tanto lo sfoglio con tenerezza, lo coccolo un po' e poi, per non farlo sentire inutile, leggo un paragrafetto qua e là. Fu così che scoprii che bastava anteporre gli occhiali da vista di mia madre ad una determinata distanza dalla lente frontale ed il ranocchio per magia diventava nitido. Il "salto di qualità" ebbe luogo qualche anno dopo. Sebbene fossi solo un ragazzino avevo capito che quello che era successo era una cosa molto brutta, ma ne ebbi la dimensione reale solo quando mio padre portò a casa "Life". Gli emigrati italiani non compravano "Life". Insieme alle foto del funerale di John F. Kennedy entrarono in casa mia e nel mio mondo un genere di immagini in b&n che non avevo mai visto prima e la curiosità fu davvero tanta. E' iniziato tutto da lì e poi col tempo sono divenuto via via appunto un "fotoamatore evoluto". [...]
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