Amarillis Cargnin: chi è?
Amarillis Cargnin è come prima cosa "un'artista", è così che amo definirmi. Sono nata a Roma ed ho 24 anni, sono una fotografa professionista, specializzata in ritrattistica e moda alternative. Mi sono affibbiata l'aggettivo di artista non solo per quello che faccio, ossia la fotografa ,ma soprattutto per il mio modo di pensare, per il mio modo di essere e per ciò che amo. Sono cresciuta in mezzo alla musica classica e lirica, ed è stata forse questa sensibilità che mi ha portata ad amare molte altre forme d'arte, come la pittura, la poesia, la scultura e la scrittura. Chi mi conosce può definirmi "estremamente creativa", e credo sia vero, ho costruito all'interno di me un mondo segreto dal quale scaturiscono le idee per i miei set, le parole per le mie poesie e le frasi per i miei scritti incompleti. Amo moltissimo anche disegnare, anche se sono purtroppo negata, o forse troppo autocritica per poter finire un quadro o un disegno. Molta della mia creatività è merito dell'amore che ho per il cinema, che continuamente mi regala gli imput giusti per creare un'idea.
Quando hai iniziato a fotografare?
Ho iniziato a fotografare per hobby 5 anni fa, è cominciato tutto per gioco e vanità. Una serie di interminabili pomeriggi da studente, che vengono puntualmente rallegrati dall'arrivo di amici a casa tua, ecco com'è cominciata: "Dai facciamoci delle foto! Così ci possiamo pavoneggiare su Myspace!" Dapprima mi sentivo molto più a mio agio davanti all'obbiettivo, era bello interpretare sempre una parte diversa, sono sempre stata un'esteta e scoprire la fotografia come modella era diventato per me quasi una droga. Mi ricordo appunto queste preparazioni lunghissime in cui il trucco, l'abito e le pettinature dovevano essere perfette. Ciò che volevo era che, dalle foto pubblicate, ne uscisse fuori un personaggio, una me completamente diversa dalla verità. Per qualche tempo ho anche pensato seriamente di intraprendere la carriera di modella alternative, ho posato anche per alcuni fotografi, ma nessuno di queste persone, tranne chi veramente mi conosceva, riusciva a tirare fuori da quelle immagini quello che veramente desideravo vedere. In quel momento credo di aver capito l'importanza del far sentire a proprio agio la persona che fotografo, di farla sentire partecipe di un gioco, non di un lavoro, la comunicazione capii era essenziale per poter rompere il ghiaccio e rendere i miei soggetti più tranquilli in quella situazione, che si parlasse di professionisti o anche di persone che lo fanno per la prima volta, e come spesso accade possono sentirsi impacciate e insicure di se stesse. Poi un giorno è successo che il mio amico chiedesse a me di fotografarlo, dire che fu amore a prima vista è poco! In quel preciso istante dietro all'obbiettivo capii che era tutta un'altra storia, e che ero io l'artista, ero io che comandavo quel gioco, che lo giostravo a mio piacimento, con inquadrature fuori dal comune o con una creatività spiccata. Così di giorno in giorno, ogni volta che prendevo la digitale in mano, sentivo che quello che stavo facendo era davvero appagante. Ci misi poco a capire cosa volessi fare, e per me fu una gioia incredibile, visto e considerato che prima di quel momento non avevo deciso cosa fare del mio futuro, sapevo solo che il mio mondo era l'arte ma non sapevo quale. Quando decisi di iscrivermi alla Scuola Romana di Fotografia, la mia tecnica era praticamente assente, la postproduzione poi per me era solo "smanettare con qualche effetto" con il programma Picasa. Eppure anche se quelle immagini erano prive di ogni tipo di studio, avevano scelte di inquadrature e tagli molto chiare, che poi ho continuato a mantenere nel tempo, ed anche ora è così, conosco la tecnica, ma amo sfidarla, giocarci, decidere cosa voglio che gli altri vedano. Credo però che sia giusto dire che nella mia famiglia, fin da piccola, ho subìto la presenza di una macchinetta fotografica, mio padre è un amante della fotografia, e da giovane ha studiato da autodidatta, quindi forse dire che la fotografia era nel mio sangue non è del tutto una bugia.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
Ho un amore spropositato per le persone, amo fare ritratti e foto di moda. Nell'accademia che ho frequentato fin dal primo anno ho seguito un corso che mi permettesse di apprendere il mondo della fotografia a 360°, ho studiato vari generi diversi, reportage, still life, visual art, e studio. Immagino succeda a tutti al principio di essere spaesati e, con così tante nuove nozioni da imparare, di non sapere bene dove puntare la tua scelta, eppure a me non è successo, è successo come a scuola, sapevo cosa mi piaceva e cosa non mi piaceva, cosa mi riusciva meglio e in cosa mi dovevo sforzare maggiormente per un risultato soddisfacente. Io ho sempre saputo che fotografare le persone era ciò che più amavo fare, il rapporto con i soggetti, l'espressione del corpo del viso, gli occhi... tutte cose che mi hanno sempre affascinato più di altro. Non nego che durante questo primo anno di "infarinatura generale", io abbia appreso moltissimo. Ormai però la mia fotografia si può dire vada quasi solo in una direzione unica, le persone. Anche se ci sono alcuni progetti che ho lasciato in sospeso e che vorrei riprendere che vedono lo studio di alcuni oggetti e l'assenza più totale della presenza umana. [...]
Amarillis Cargnin è come prima cosa "un'artista", è così che amo definirmi. Sono nata a Roma ed ho 24 anni, sono una fotografa professionista, specializzata in ritrattistica e moda alternative. Mi sono affibbiata l'aggettivo di artista non solo per quello che faccio, ossia la fotografa ,ma soprattutto per il mio modo di pensare, per il mio modo di essere e per ciò che amo. Sono cresciuta in mezzo alla musica classica e lirica, ed è stata forse questa sensibilità che mi ha portata ad amare molte altre forme d'arte, come la pittura, la poesia, la scultura e la scrittura. Chi mi conosce può definirmi "estremamente creativa", e credo sia vero, ho costruito all'interno di me un mondo segreto dal quale scaturiscono le idee per i miei set, le parole per le mie poesie e le frasi per i miei scritti incompleti. Amo moltissimo anche disegnare, anche se sono purtroppo negata, o forse troppo autocritica per poter finire un quadro o un disegno. Molta della mia creatività è merito dell'amore che ho per il cinema, che continuamente mi regala gli imput giusti per creare un'idea.
Quando hai iniziato a fotografare?
Ho iniziato a fotografare per hobby 5 anni fa, è cominciato tutto per gioco e vanità. Una serie di interminabili pomeriggi da studente, che vengono puntualmente rallegrati dall'arrivo di amici a casa tua, ecco com'è cominciata: "Dai facciamoci delle foto! Così ci possiamo pavoneggiare su Myspace!" Dapprima mi sentivo molto più a mio agio davanti all'obbiettivo, era bello interpretare sempre una parte diversa, sono sempre stata un'esteta e scoprire la fotografia come modella era diventato per me quasi una droga. Mi ricordo appunto queste preparazioni lunghissime in cui il trucco, l'abito e le pettinature dovevano essere perfette. Ciò che volevo era che, dalle foto pubblicate, ne uscisse fuori un personaggio, una me completamente diversa dalla verità. Per qualche tempo ho anche pensato seriamente di intraprendere la carriera di modella alternative, ho posato anche per alcuni fotografi, ma nessuno di queste persone, tranne chi veramente mi conosceva, riusciva a tirare fuori da quelle immagini quello che veramente desideravo vedere. In quel momento credo di aver capito l'importanza del far sentire a proprio agio la persona che fotografo, di farla sentire partecipe di un gioco, non di un lavoro, la comunicazione capii era essenziale per poter rompere il ghiaccio e rendere i miei soggetti più tranquilli in quella situazione, che si parlasse di professionisti o anche di persone che lo fanno per la prima volta, e come spesso accade possono sentirsi impacciate e insicure di se stesse. Poi un giorno è successo che il mio amico chiedesse a me di fotografarlo, dire che fu amore a prima vista è poco! In quel preciso istante dietro all'obbiettivo capii che era tutta un'altra storia, e che ero io l'artista, ero io che comandavo quel gioco, che lo giostravo a mio piacimento, con inquadrature fuori dal comune o con una creatività spiccata. Così di giorno in giorno, ogni volta che prendevo la digitale in mano, sentivo che quello che stavo facendo era davvero appagante. Ci misi poco a capire cosa volessi fare, e per me fu una gioia incredibile, visto e considerato che prima di quel momento non avevo deciso cosa fare del mio futuro, sapevo solo che il mio mondo era l'arte ma non sapevo quale. Quando decisi di iscrivermi alla Scuola Romana di Fotografia, la mia tecnica era praticamente assente, la postproduzione poi per me era solo "smanettare con qualche effetto" con il programma Picasa. Eppure anche se quelle immagini erano prive di ogni tipo di studio, avevano scelte di inquadrature e tagli molto chiare, che poi ho continuato a mantenere nel tempo, ed anche ora è così, conosco la tecnica, ma amo sfidarla, giocarci, decidere cosa voglio che gli altri vedano. Credo però che sia giusto dire che nella mia famiglia, fin da piccola, ho subìto la presenza di una macchinetta fotografica, mio padre è un amante della fotografia, e da giovane ha studiato da autodidatta, quindi forse dire che la fotografia era nel mio sangue non è del tutto una bugia.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
Ho un amore spropositato per le persone, amo fare ritratti e foto di moda. Nell'accademia che ho frequentato fin dal primo anno ho seguito un corso che mi permettesse di apprendere il mondo della fotografia a 360°, ho studiato vari generi diversi, reportage, still life, visual art, e studio. Immagino succeda a tutti al principio di essere spaesati e, con così tante nuove nozioni da imparare, di non sapere bene dove puntare la tua scelta, eppure a me non è successo, è successo come a scuola, sapevo cosa mi piaceva e cosa non mi piaceva, cosa mi riusciva meglio e in cosa mi dovevo sforzare maggiormente per un risultato soddisfacente. Io ho sempre saputo che fotografare le persone era ciò che più amavo fare, il rapporto con i soggetti, l'espressione del corpo del viso, gli occhi... tutte cose che mi hanno sempre affascinato più di altro. Non nego che durante questo primo anno di "infarinatura generale", io abbia appreso moltissimo. Ormai però la mia fotografia si può dire vada quasi solo in una direzione unica, le persone. Anche se ci sono alcuni progetti che ho lasciato in sospeso e che vorrei riprendere che vedono lo studio di alcuni oggetti e l'assenza più totale della presenza umana. [...]
L'intervista continua su Fotografi nel Web
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