Paola Camiciottoli: chi è?
Sono una persona che ama l’immagine. L’ho amata fin dalla mia infanzia nello sfogliare incantata le prime pagine di un libro di fiabe. Mi sono innamorata della fotografia quando lo stupore mi ha colta alla prima mostra che ho visto, durante la mia adolescenza, di Henri Cartier Bresson, nello splendido scenario di Forte Belvedere. Fotografa per amore, quasi sostenuta da un languore interno: un nostalgico e romantico desiderio di dare e regalare il mio sguardo al mondo e alla sua bellezza. Credo alla fotografia come voce dell’occhio, come parola dei pensieri, come sussurro e grido del sentire.
Quando hai iniziato a fotografare?
Ho iniziato a fotografare con un inconsapevole piacere grazie alla prima Polaroid che ho avuto tra le mani: splendida Polaroid! Essa mi regalava la sorpresa, quasi immediata, di vedere il risultato ottenuto e questo, quasi magico evento, mi divertiva moltissimo. Ho continuato con la mia prima macchina analogica una Canon FTB, piacevolissima macchina, che ogni tanto rispolvero. Insieme ai due obiettivi che mi avevano regalato, un 50mm e un 135mm, la portavo con me durante i miei spostamenti, i miei viaggi, le mie vacanze. Ho continuato così per un po’ di anni fino alla svolta. Al bivio. All’incontro. Al mio incontro vero con l’Arte. Quando è stata l’Arte a parlarmi le mie immagini sono cambiate. L’Arte che ho incontrato nella mia città, negli angoli più bui e meno visitati delle sue mura. Negli artisti che, nel mio percorso di formazione, sono stati essenziali con il loro Essere, il loro Fare, il loro Dire. E’ stato questo il principio e la luce del mio scattare diversamente: stavo pian piano imparando a guardare con-creta-mente la realtà: essa sembrava modellare e dare forma ai miei pensieri e ai miei sguardi.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
Il divenire del mio percorso fotografico, come semplice e diretta disposizione di animo verso ciò che la realtà e il mondo ci regalano, ha avuto momenti di ricerca introspettiva che si sono fatti spesso tormento di narrazione autobiografica, di positivi squilibri tra l’idea e la sua realizzazione fino ad arrivare, passando dalla strada, al paesaggio e al ritratto, a cogliere quella riflessione sulle fragili relazioni che accomunano il mondo esterno e quello interno e trovando la loro dimensione rappresentativa nel mio racconto femminile del femminile. Mi sono orientata così sul linguaggio del corpo, sulla sua gestualità come paesaggio visibile e invisibile dell’interiorità. Un gioco molte volte autobiografico, poiché sono spesso anche fotografa di me stessa. Abitare il corpo diventa il mio stile fotografico, il mio scenario emotivo. Il mio stato d’animo tradotto in immagini. Le mie foto si fanno immersione sulla realtà del corpo femminile senza età, senza esitazioni, mettendo anche in risalto ferite e lacerazioni che non hanno confine tra il mondo esterno del corpo e quello interno dell’anima, facendosi così unicità e totalità e inscindibilità.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
Non ho fatto corsi di fotografia, ho condiviso le mie immagini e mi sono confrontata in alcuni forum di fotografia. Inizialmente le critiche e i commenti mi hanno positivamente distrutta poiché contenevano anche un rafforzamento ed un incoraggiamento che consolidava in me il desiderio di continuare con determinazione. Ciò mi ha aiutata a crescere e, lentamente, ho sentito che era importante per me dare forma espressiva alla dimensione creativa. Ho studiato quindi la fotografia come autodidatta, affrontando una strada fatta di prove ed errori, di cambiamenti e modifiche. Questo viaggio nel mio fare fotografico è diventato il mio apprendere.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
La trovo una domanda particolarmente difficile perché potrei citare dieci autori e lasciarne indietro altri cento, ma non posso non citare le immagini di Ansel Adams, non posso non citare la grande fotografia Made in Hungary da Andrè Kertész a Robert Capa e oltre. Non posso non citare la ricerca di Francesca Woodman, di Man Ray, di Ugo Mulas. Non posso dimenticare i lirismi dei paesaggi e delle nature morte di Josef Sudek. Amo le inquadrature delle foto di Alexsandr Rodcenko, e la sognante poesia di Mario Giacomelli. Per i contemporanei voglio, con stima e ammirazione, citare le opere fotografiche dell’artista e amico Roberto Cicchinè, di Cosimo Concilio, del fotografo e amico Silvano Romanelli, dell’eclettico e malinconico, ma luminoso amico Friedrich Schreyer, del travolgente Giacomo Saviozzi, dell’onirico Enrico De Marinis, e poi vorrei ancora ricordare il realismo fotografico di Attilia Franchi, di Fiorella Lamnidis, le morbide e dolci immagini di Monica Iorio, i ritratti di Aldo Feroce, i grandi reportages sociali di Enrico Gori, di Tino Veneziano, di Marco Pavani.
Che attrezzatura fotografica hai utilizzato nel passato e quale stai ultimamente utilizzando?
Dalla mia Canon FTB di cui parlavo precedentemente sono passata alla prima compatta digitale, una Yashica, per poi acquistare una Fuji S7000 ed approdare successivamente alla mia prima reflex Nikon D80 sulla quale ruotano obiettivi analogici come il Nikkor 18mm, il Nikkor 35mm, il Nikkor 105mm ed uno Zomm 70-200. Mi diverto moltissimo a giocare con vecchi obiettivi russi: un MIR del 1976, ed uno Jupiter 65mm che inserisco sulla digitale grazie ad una lente adattatore.
Quali sono gli scatti a cui sei particolarmente legata?
Io credo che ci sia un legame particolarmente importante con ogni immagine prodotta, se proprio devo fare una scelta indicherei questa immagine tratta da “Il giardino di Anna” che ha segnato il mio primo progetto fotografico e che mi ha dato la possibilità di parlare della bellezza che sopravvive al tempo e alla vita e alla malattia.
Questa che esprime al meglio, con la doppia esposizione, il mio fare di autoritrattista, quasi un uscire da me per poi rientrarvi, un perdersi e un ritrovarsi che è continua rivelazione.
E poi questa immagine, a me molto cara, che rappresenta la prima di una serie sul corpo-terra. Questo è stata una delle sfide fotografiche più grandi che ho intrapreso con me stessa: posso riuscire ad esprimere il corpo come fosse terra? Possono i segni di passaggi lasciare sul corpo le loro tracce come l’aratro li lascia sulla terra? Possono le mani farsi strumento dei suoi solchi?
Hai mai esposto le tue immagini in mostre fotografiche personali o collettive?
Ho realizzato la mia prima piccola mostra fotografica a tema “Le Cose che Volano” nel giugno 2008 presso lo ShowRoom Essère di Firenze, in occasione di Pitti Immagine Uomo.
Ho partecipato nel 2006 ad un Premio Internazionale di Fotografia “Viaggio in Basilicata” II edizione “I Giovani e il Futuro. La percezione di una speranza” nel quale ho avuto la segnalazione di una foto e la sua pubblicazione nel catalogo.
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Le mie foto sul web sono in:
http://www.micromosso.com
http://www.photofeelyoufree.com/autori_paolacamiciottoli.asp
http://www.photofeelyoufree.com/tutorial_ritratto.asp
Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia
Pensa al dono della vita che ti ha dato occhi per vedere il mondo, cuore per ascoltare le emozioni, mani come strumenti del fare e del sentire, pensieri per riflettere la grande gioia dell’incontro anche nelle immagini della storia e nelle splendide immagini di tutti quei fotoamatori che, in umile e solenne silenzio, costruiscono quella storia e quegli accadimenti della fotografia contemporanea, immensa, tanto quanto il sommerso di un iceberg… Assapora il loro fare e piegati poi su te stesso, con la stessa umiltà che richiede un gioco di crescita in leggerezza, con la stessa gioia del primo giocattolo che hai avuto tra le mani e ti ha visto bambino, con lo stesso entusiasmo che ti fa essere e catturare luce. Prova a fare il primo clic e lascia che quel breve suono sia tempo di attesa e di scoperta, sia la dimensione dello spazio che accarezza le tue idee e le tue azioni, e fatti sguardo nel suo suono, nel suo tempo di vita, e fatti freccia ferma nella curiosa dimensione del mondo e della realtà che ti accoglie.
…mi piace pensare al fotografo come ad un artigiano della luce e delle ombre interiori, ad un fabbro che batte il freddo e duro, quanto incandescente e molle, metallo dell’anima…
Vuoi chiudere con un saluto o un ringraziamento?
Vorrei ringraziare tutte le persone che ho incontrato da quando mi diletto e gioco con la fotografia, gli amici che si creano tra le parole e i post dei commenti, gli sguardi silenziosi e le voci giuste di chi apre nel web un’ immagine. Vorrei ringraziare Libero Api che cura questo spazio e Antonio Perrone che offre a noi la possibilità di narrarci. Vorrei ringraziare le mie amiche che fanno in modo che le mie idee si possano realizzare e mi aiutano a far sì che i sogni si avverino. Vorrei ringraziare mio figlio che, nei suoi silenzi, sorride e guarda ciò che faccio, condividendo con me questo tempo dedicato alla fotografia che mi cattura, sopportando, spesso, una cena e un pranzo più leggeri. Grazie.
Leggi l'intervista anche su: Fotografi nel Web
Sono una persona che ama l’immagine. L’ho amata fin dalla mia infanzia nello sfogliare incantata le prime pagine di un libro di fiabe. Mi sono innamorata della fotografia quando lo stupore mi ha colta alla prima mostra che ho visto, durante la mia adolescenza, di Henri Cartier Bresson, nello splendido scenario di Forte Belvedere. Fotografa per amore, quasi sostenuta da un languore interno: un nostalgico e romantico desiderio di dare e regalare il mio sguardo al mondo e alla sua bellezza. Credo alla fotografia come voce dell’occhio, come parola dei pensieri, come sussurro e grido del sentire.
Quando hai iniziato a fotografare?
Ho iniziato a fotografare con un inconsapevole piacere grazie alla prima Polaroid che ho avuto tra le mani: splendida Polaroid! Essa mi regalava la sorpresa, quasi immediata, di vedere il risultato ottenuto e questo, quasi magico evento, mi divertiva moltissimo. Ho continuato con la mia prima macchina analogica una Canon FTB, piacevolissima macchina, che ogni tanto rispolvero. Insieme ai due obiettivi che mi avevano regalato, un 50mm e un 135mm, la portavo con me durante i miei spostamenti, i miei viaggi, le mie vacanze. Ho continuato così per un po’ di anni fino alla svolta. Al bivio. All’incontro. Al mio incontro vero con l’Arte. Quando è stata l’Arte a parlarmi le mie immagini sono cambiate. L’Arte che ho incontrato nella mia città, negli angoli più bui e meno visitati delle sue mura. Negli artisti che, nel mio percorso di formazione, sono stati essenziali con il loro Essere, il loro Fare, il loro Dire. E’ stato questo il principio e la luce del mio scattare diversamente: stavo pian piano imparando a guardare con-creta-mente la realtà: essa sembrava modellare e dare forma ai miei pensieri e ai miei sguardi.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
Il divenire del mio percorso fotografico, come semplice e diretta disposizione di animo verso ciò che la realtà e il mondo ci regalano, ha avuto momenti di ricerca introspettiva che si sono fatti spesso tormento di narrazione autobiografica, di positivi squilibri tra l’idea e la sua realizzazione fino ad arrivare, passando dalla strada, al paesaggio e al ritratto, a cogliere quella riflessione sulle fragili relazioni che accomunano il mondo esterno e quello interno e trovando la loro dimensione rappresentativa nel mio racconto femminile del femminile. Mi sono orientata così sul linguaggio del corpo, sulla sua gestualità come paesaggio visibile e invisibile dell’interiorità. Un gioco molte volte autobiografico, poiché sono spesso anche fotografa di me stessa. Abitare il corpo diventa il mio stile fotografico, il mio scenario emotivo. Il mio stato d’animo tradotto in immagini. Le mie foto si fanno immersione sulla realtà del corpo femminile senza età, senza esitazioni, mettendo anche in risalto ferite e lacerazioni che non hanno confine tra il mondo esterno del corpo e quello interno dell’anima, facendosi così unicità e totalità e inscindibilità.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
Non ho fatto corsi di fotografia, ho condiviso le mie immagini e mi sono confrontata in alcuni forum di fotografia. Inizialmente le critiche e i commenti mi hanno positivamente distrutta poiché contenevano anche un rafforzamento ed un incoraggiamento che consolidava in me il desiderio di continuare con determinazione. Ciò mi ha aiutata a crescere e, lentamente, ho sentito che era importante per me dare forma espressiva alla dimensione creativa. Ho studiato quindi la fotografia come autodidatta, affrontando una strada fatta di prove ed errori, di cambiamenti e modifiche. Questo viaggio nel mio fare fotografico è diventato il mio apprendere.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
La trovo una domanda particolarmente difficile perché potrei citare dieci autori e lasciarne indietro altri cento, ma non posso non citare le immagini di Ansel Adams, non posso non citare la grande fotografia Made in Hungary da Andrè Kertész a Robert Capa e oltre. Non posso non citare la ricerca di Francesca Woodman, di Man Ray, di Ugo Mulas. Non posso dimenticare i lirismi dei paesaggi e delle nature morte di Josef Sudek. Amo le inquadrature delle foto di Alexsandr Rodcenko, e la sognante poesia di Mario Giacomelli. Per i contemporanei voglio, con stima e ammirazione, citare le opere fotografiche dell’artista e amico Roberto Cicchinè, di Cosimo Concilio, del fotografo e amico Silvano Romanelli, dell’eclettico e malinconico, ma luminoso amico Friedrich Schreyer, del travolgente Giacomo Saviozzi, dell’onirico Enrico De Marinis, e poi vorrei ancora ricordare il realismo fotografico di Attilia Franchi, di Fiorella Lamnidis, le morbide e dolci immagini di Monica Iorio, i ritratti di Aldo Feroce, i grandi reportages sociali di Enrico Gori, di Tino Veneziano, di Marco Pavani.
Che attrezzatura fotografica hai utilizzato nel passato e quale stai ultimamente utilizzando?
Dalla mia Canon FTB di cui parlavo precedentemente sono passata alla prima compatta digitale, una Yashica, per poi acquistare una Fuji S7000 ed approdare successivamente alla mia prima reflex Nikon D80 sulla quale ruotano obiettivi analogici come il Nikkor 18mm, il Nikkor 35mm, il Nikkor 105mm ed uno Zomm 70-200. Mi diverto moltissimo a giocare con vecchi obiettivi russi: un MIR del 1976, ed uno Jupiter 65mm che inserisco sulla digitale grazie ad una lente adattatore.
Quali sono gli scatti a cui sei particolarmente legata?
Io credo che ci sia un legame particolarmente importante con ogni immagine prodotta, se proprio devo fare una scelta indicherei questa immagine tratta da “Il giardino di Anna” che ha segnato il mio primo progetto fotografico e che mi ha dato la possibilità di parlare della bellezza che sopravvive al tempo e alla vita e alla malattia.
Questa che esprime al meglio, con la doppia esposizione, il mio fare di autoritrattista, quasi un uscire da me per poi rientrarvi, un perdersi e un ritrovarsi che è continua rivelazione.
E poi questa immagine, a me molto cara, che rappresenta la prima di una serie sul corpo-terra. Questo è stata una delle sfide fotografiche più grandi che ho intrapreso con me stessa: posso riuscire ad esprimere il corpo come fosse terra? Possono i segni di passaggi lasciare sul corpo le loro tracce come l’aratro li lascia sulla terra? Possono le mani farsi strumento dei suoi solchi?
Hai mai esposto le tue immagini in mostre fotografiche personali o collettive?
Ho realizzato la mia prima piccola mostra fotografica a tema “Le Cose che Volano” nel giugno 2008 presso lo ShowRoom Essère di Firenze, in occasione di Pitti Immagine Uomo.
Ho partecipato nel 2006 ad un Premio Internazionale di Fotografia “Viaggio in Basilicata” II edizione “I Giovani e il Futuro. La percezione di una speranza” nel quale ho avuto la segnalazione di una foto e la sua pubblicazione nel catalogo.
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Le mie foto sul web sono in:
http://www.micromosso.com
http://www.photofeelyoufree.com/autori_paolacamiciottoli.asp
http://www.photofeelyoufree.com/tutorial_ritratto.asp
Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia
Pensa al dono della vita che ti ha dato occhi per vedere il mondo, cuore per ascoltare le emozioni, mani come strumenti del fare e del sentire, pensieri per riflettere la grande gioia dell’incontro anche nelle immagini della storia e nelle splendide immagini di tutti quei fotoamatori che, in umile e solenne silenzio, costruiscono quella storia e quegli accadimenti della fotografia contemporanea, immensa, tanto quanto il sommerso di un iceberg… Assapora il loro fare e piegati poi su te stesso, con la stessa umiltà che richiede un gioco di crescita in leggerezza, con la stessa gioia del primo giocattolo che hai avuto tra le mani e ti ha visto bambino, con lo stesso entusiasmo che ti fa essere e catturare luce. Prova a fare il primo clic e lascia che quel breve suono sia tempo di attesa e di scoperta, sia la dimensione dello spazio che accarezza le tue idee e le tue azioni, e fatti sguardo nel suo suono, nel suo tempo di vita, e fatti freccia ferma nella curiosa dimensione del mondo e della realtà che ti accoglie.
…mi piace pensare al fotografo come ad un artigiano della luce e delle ombre interiori, ad un fabbro che batte il freddo e duro, quanto incandescente e molle, metallo dell’anima…
Vuoi chiudere con un saluto o un ringraziamento?
Vorrei ringraziare tutte le persone che ho incontrato da quando mi diletto e gioco con la fotografia, gli amici che si creano tra le parole e i post dei commenti, gli sguardi silenziosi e le voci giuste di chi apre nel web un’ immagine. Vorrei ringraziare Libero Api che cura questo spazio e Antonio Perrone che offre a noi la possibilità di narrarci. Vorrei ringraziare le mie amiche che fanno in modo che le mie idee si possano realizzare e mi aiutano a far sì che i sogni si avverino. Vorrei ringraziare mio figlio che, nei suoi silenzi, sorride e guarda ciò che faccio, condividendo con me questo tempo dedicato alla fotografia che mi cattura, sopportando, spesso, una cena e un pranzo più leggeri. Grazie.
Leggi l'intervista anche su: Fotografi nel Web
Una grande, molto interessante intervista ricca di conoscenze. Sono toccato molto fortemente e sono mosso!! Grazie!! Federico
RispondiEliminacarissima paola, mi sono emozionato nel leggere la tua intervista! Ti ho conosciuto un paio di anni fa, quando eri ancora alla ricerca di uno stile fotografico "tuo"... ma già allora emergeva la tua sensibilità, e mi fa davvero piacere vedere come questo tuo percorso fotografico ti stia portando a dei livelli di sensibilità creativa davvero molto molto alti! con tanta stima ti saluto!
RispondiEliminanon solo il giardino di Anna ma tanto piu'...sei brava !
RispondiEliminaun saluto affettuoso con stima
Aldo
le foto emozionanti l'autrice bellissima nelle foto, ma ancor più
RispondiEliminadi persona.cordialmente
sarchiapone !!!