Tea Falco: chi è?
Sono un mostro. Non fotografo per vivere, ma vivo per fotografare. Poi faccio anche l'attrice ma questa è un'altra storia.
Quando hai iniziato a fotografare?
La fotografia è un atto razionale di grande fantasia. Ho iniziato a fotografare con mia madre a 13 anni usando la pellicola. Stampavo con lei in camera oscura. Poi ho scoperto il digitale. E’ un risparmio di tempo e di angoscia, oltre che di denaro, ma continuo a fotografare sempre in pellicola. Da quel momento devo fotografare ogni giorno; se non lo faccio significa che ho perso un giorno della mia vita. E’ come se quel giorno non mi fossi svegliata. La fotografia è una malattia vera, un amore disperato. Fotografo per aprire e chiudere gli occhi aspettando di vedere sempre qualcosa di nuovo. E’ la novità quella che mi entusiasma... credere che ci sia sempre qualcosa di nuovo.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
La natura. No scherzo. Odio la natura, nel senso che ritengo sia inutile fotografarla. Sono interessata alla gente, dunque prediligo il reportage e i ritratti. Scrivo con la luce, racconto. Credo che la fotografia come tutte le arti è molto personale, soggettiva. Esistono 3 tipi di fotografi:
1 - quelli che raccontanto la realtà
2 - che copiano la realtà
3 - e quelli che la creano.
La fotografia è un'arte meravigliosa, ti dà la possibilità di raccontare la tua versione sul mondo, creando, dal tuo punto di vista. Sono molto ironica e mi piace metterlo nelle mie foto. Sono anche a volte triste e questo traspare. Sono malata, costretta a camminare con gli occhi bassi per evitare di fotografare ogni momento della mia vita; guardando a terra poi vedo i miei piedi e penso che hanno una giusta forma, così voglio fotografare anche quelli. Allora chiudo gli occhi ma rivedo tutte le foto che ho appena perso per sempre.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
Ho fatto solo un corso a sedici anni nella mia città. La mia scuola è stata, però, mia madre. Mi faceva vedere più di 30 foto al giorno e chiedeva il mio parere per selezionarle. Poi il cinema: vedendo almeno un film al giorno ho allenato l'occhio al taglio cinematografico. Come si impara a scrivere con la luce? Il segreto è fotografare, fotografare e imparare a saper guardare veramente. Fotografare non è difficile, il difficile è vivere l’atto del fotografare.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
Sono tutti nel presente. Nel senso che nessuno è rimasto nel passato. Mio padre è, sicuramente, Henri Cartier-Bresson, poi Erwitt Elliot, Richard Avedon, Man Ray, Giacomelli, ecc... "Non è la mera fotografia che mi interessa - dice Bresson - quel che voglio è catturare quel minuto, quella parte della realtà". E’ grazie a questa straordinaria arte che sono rimasti eterni. Hanno fregato la morte con uno scacco matto...
Che attrezzatura fotografica hai usato nel passato, e quale stai attualmente utilizzando?
Quando ho cominciato a fotografare avevo una Zenit con la tracolla verde speranza, che conservo ancora con l’ultimo rullino mai stampato. Adesso ho una Nikon D80 con tre obiettivi e una Yashica analogica, ma non è il mezzo che fa un grande fotografo. Il mezzo è il fotografo stesso, il suo occhio.
Qual è lo scatto al quale sei particolarmente legata?
Sicuramente questa. L'ho fatta alla Stazione Termini, stavo fotografando quest'uomo che leggeva il giornale a distanza ravvicinata. Quello che successe fu incredibile: mentre premevo il bottone lui si è avvicinato ancora di più al giornale. Ed ecco la foto che volevo. "Ogni volta è fortuna" dice Bresson. E' quello che ho sempre pensato. E' come se attirassimo la foto che vogliamo. E’ la legge dell’attrazione (il film the secret).
Quali sono i tuoi progetti attuali e quali quelli per il futuro?
Adesso sono a Roma. Sto facendo vari reportage. Continuo "gente", che non finirà mai. Voglio viaggiare, voglio vedere, voglio catturare. Nel frattempo con la stessa passione mi dedico alla recitazione. Credo che l'arte comprenda tutto, perchè tutta l'arte è amore per la vita, per se stessi e quindi per gli altri. Noi rimaniamo negli occhi degli altri.
Hai mai avuto riconoscimenti in concorsi fotografici o pubblicazioni delle tue foto su libri o riviste?
Per il resto ho cominciato quest’anno a partecipare a concorsi. Sono molto fiera di me nonostante tutto. Ho già fatto tanto e ho 23 anni. Ma essere giovani non è una giustificazione. Non mi fermo mai, non posso, rischierei di cambiare.
Quanto tempo dedichi alla fotografia?
Tutta la mia vita. Ogni giorno. Ogni attimo. La fotografia è un discorso di vita e sulla vita. E’ un modo di vivere e se ce l’hai dentro guardi tutto il mondo con gli occhi di una macchina fotografica. Vedi soggetti "fotografabili", vedi belle fotografie che ti sfuggono. Non posso non portarmi dietro la mia macchina fotografica perché so che me ne pentirei.
Raccontaci un episodio curioso o simpatico legati alla tua esperienza.
Mi capita spesso di subire minacce e insulti da parte di gente che non vuole essere fotografata. Spiego che la mia non è una pistola che spara, ma solo un occhio che cattura.
Quando rivedi i tuoi vecchi scatti cosa pensi?
Quando? Se li rivedo a distanza di tempo, dico che non mi piacciono più che posso fare meglio, che le brucerei tutte, che non so fotografare. Quando le rivedo dopo averle scattate, invece, mi sento viva.
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Sul mio sito: www.teafalco.com e in giro per il web.
Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia.
Proprio ora? Caspita! ...posso dire solamente che bisogna scattare col cuore, col cervello e con l’anima come dice Bresson. E’ bel mondo quello della fotografia, ma è un mondo a parte, e nel momento in cui decidi di entrarci non è facile uscirne. E’ come una droga che ti fa sentire bene solo quando l’assumi. Posso dire di essere schiava della fotografia. E’ una malattia, sul serio. Essere ossessionati dal mondo, dalla vita. Almeno per me. Ma è una malattia positiva.
Sono un mostro. Non fotografo per vivere, ma vivo per fotografare. Poi faccio anche l'attrice ma questa è un'altra storia.
Quando hai iniziato a fotografare?
La fotografia è un atto razionale di grande fantasia. Ho iniziato a fotografare con mia madre a 13 anni usando la pellicola. Stampavo con lei in camera oscura. Poi ho scoperto il digitale. E’ un risparmio di tempo e di angoscia, oltre che di denaro, ma continuo a fotografare sempre in pellicola. Da quel momento devo fotografare ogni giorno; se non lo faccio significa che ho perso un giorno della mia vita. E’ come se quel giorno non mi fossi svegliata. La fotografia è una malattia vera, un amore disperato. Fotografo per aprire e chiudere gli occhi aspettando di vedere sempre qualcosa di nuovo. E’ la novità quella che mi entusiasma... credere che ci sia sempre qualcosa di nuovo.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
La natura. No scherzo. Odio la natura, nel senso che ritengo sia inutile fotografarla. Sono interessata alla gente, dunque prediligo il reportage e i ritratti. Scrivo con la luce, racconto. Credo che la fotografia come tutte le arti è molto personale, soggettiva. Esistono 3 tipi di fotografi:
1 - quelli che raccontanto la realtà
2 - che copiano la realtà
3 - e quelli che la creano.
La fotografia è un'arte meravigliosa, ti dà la possibilità di raccontare la tua versione sul mondo, creando, dal tuo punto di vista. Sono molto ironica e mi piace metterlo nelle mie foto. Sono anche a volte triste e questo traspare. Sono malata, costretta a camminare con gli occhi bassi per evitare di fotografare ogni momento della mia vita; guardando a terra poi vedo i miei piedi e penso che hanno una giusta forma, così voglio fotografare anche quelli. Allora chiudo gli occhi ma rivedo tutte le foto che ho appena perso per sempre.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
Ho fatto solo un corso a sedici anni nella mia città. La mia scuola è stata, però, mia madre. Mi faceva vedere più di 30 foto al giorno e chiedeva il mio parere per selezionarle. Poi il cinema: vedendo almeno un film al giorno ho allenato l'occhio al taglio cinematografico. Come si impara a scrivere con la luce? Il segreto è fotografare, fotografare e imparare a saper guardare veramente. Fotografare non è difficile, il difficile è vivere l’atto del fotografare.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
Sono tutti nel presente. Nel senso che nessuno è rimasto nel passato. Mio padre è, sicuramente, Henri Cartier-Bresson, poi Erwitt Elliot, Richard Avedon, Man Ray, Giacomelli, ecc... "Non è la mera fotografia che mi interessa - dice Bresson - quel che voglio è catturare quel minuto, quella parte della realtà". E’ grazie a questa straordinaria arte che sono rimasti eterni. Hanno fregato la morte con uno scacco matto...
Che attrezzatura fotografica hai usato nel passato, e quale stai attualmente utilizzando?
Quando ho cominciato a fotografare avevo una Zenit con la tracolla verde speranza, che conservo ancora con l’ultimo rullino mai stampato. Adesso ho una Nikon D80 con tre obiettivi e una Yashica analogica, ma non è il mezzo che fa un grande fotografo. Il mezzo è il fotografo stesso, il suo occhio.
Qual è lo scatto al quale sei particolarmente legata?
Sicuramente questa. L'ho fatta alla Stazione Termini, stavo fotografando quest'uomo che leggeva il giornale a distanza ravvicinata. Quello che successe fu incredibile: mentre premevo il bottone lui si è avvicinato ancora di più al giornale. Ed ecco la foto che volevo. "Ogni volta è fortuna" dice Bresson. E' quello che ho sempre pensato. E' come se attirassimo la foto che vogliamo. E’ la legge dell’attrazione (il film the secret).
Quali sono i tuoi progetti attuali e quali quelli per il futuro?
Adesso sono a Roma. Sto facendo vari reportage. Continuo "gente", che non finirà mai. Voglio viaggiare, voglio vedere, voglio catturare. Nel frattempo con la stessa passione mi dedico alla recitazione. Credo che l'arte comprenda tutto, perchè tutta l'arte è amore per la vita, per se stessi e quindi per gli altri. Noi rimaniamo negli occhi degli altri.
Hai mai avuto riconoscimenti in concorsi fotografici o pubblicazioni delle tue foto su libri o riviste?
Per il resto ho cominciato quest’anno a partecipare a concorsi. Sono molto fiera di me nonostante tutto. Ho già fatto tanto e ho 23 anni. Ma essere giovani non è una giustificazione. Non mi fermo mai, non posso, rischierei di cambiare.
Quanto tempo dedichi alla fotografia?
Tutta la mia vita. Ogni giorno. Ogni attimo. La fotografia è un discorso di vita e sulla vita. E’ un modo di vivere e se ce l’hai dentro guardi tutto il mondo con gli occhi di una macchina fotografica. Vedi soggetti "fotografabili", vedi belle fotografie che ti sfuggono. Non posso non portarmi dietro la mia macchina fotografica perché so che me ne pentirei.
Raccontaci un episodio curioso o simpatico legati alla tua esperienza.
Mi capita spesso di subire minacce e insulti da parte di gente che non vuole essere fotografata. Spiego che la mia non è una pistola che spara, ma solo un occhio che cattura.
Quando rivedi i tuoi vecchi scatti cosa pensi?
Quando? Se li rivedo a distanza di tempo, dico che non mi piacciono più che posso fare meglio, che le brucerei tutte, che non so fotografare. Quando le rivedo dopo averle scattate, invece, mi sento viva.
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Sul mio sito: www.teafalco.com e in giro per il web.
Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia.
Proprio ora? Caspita! ...posso dire solamente che bisogna scattare col cuore, col cervello e con l’anima come dice Bresson. E’ bel mondo quello della fotografia, ma è un mondo a parte, e nel momento in cui decidi di entrarci non è facile uscirne. E’ come una droga che ti fa sentire bene solo quando l’assumi. Posso dire di essere schiava della fotografia. E’ una malattia, sul serio. Essere ossessionati dal mondo, dalla vita. Almeno per me. Ma è una malattia positiva.
Leggi l'intervista anche su: Fotografi nel Web
Mi piace moltissimo Tea, una grande sensibilità e voglia di scrutare la vita!
RispondiEliminacredo che fotografare in bianco e nero sia un pò come la rima cuore-amore in poesia ...anche un culo sporco prende valore! al di questo la foto del vecchio con il giornale è geniale davvero, ma la casualità non giustifica sempre un talento.
RispondiEliminaSiamo pieni di vecchi, barboni e bambini in bianco e nero, forse da spettatori ci meritiamo qualcosa in più.