Fonte: VivereSenigallia del 17/02/2010
di Enzo Carli
Occorre guardare, osservare i vari elementi, cercare qualcosa che ti porta ad una conclusione, anche i toni, le gradazioni, i colori, i bianchi mangiati, bruciati, i neri intesi o aperti, lo sfocato, il movimento… perché ognuno deve saper riprendere, fotografare non solo le cose che sono nel mondo, ma anche quelle che sono nascoste che non vediamo, (possiamo pensare solo agli sconfinati paesaggi dell’anima, solo quando riusciremo a capire, osservare, riprendere le forme che ad una prima osservazione non sono visibili e trasformarle con la nostra fantasia e creatività in visioni la cui interpretazione è sempre nuova e soggettiva).
La natura nasconde e custodisce misteri; nelle trame di un taglio dell’albero; negli anelli e nelle intercapedini del tronco o nelle asperità della corteccia; la potenza dell’energia nel movimento dell’acqua che scorre… la città è piena di forme, architetture; i muri sono attraversati dai graffiti e la città da innumerevoli segni della nuova civilizzazione urbana. La fotografia può essere in grado di contenere i segreti più profondi, meno visibili, della natura stessa, per arrivare a comprende quale segno è più vicino alla propria esigenza di rappresentare, perché il mondo degli uomini che esprimono sentimenti, rituali, simboli, comunicazione e quello della natura, ci parlano con segni.
Se la fotografia è una sorta di rappresentazione del mondo, lo stesso sistema che ci consente di leggere dentro il grande libro della vita, serve per orientarsi e capire un’immagine. Non bisogna fermarsi alla superficie, entrarci dentro, penetrare nella poesia della scena, spostarti tra i suoi componenti, districarti tra le varie parti, scoprire i lati oscuri, cercarne là dove la luce incontra l’ombra, sentirne la pause, pensare agli odori, toccarne la materia, vedere i volumi per comprendere infine un significato: quello che almeno si avvicina di più ai tuoi sentimenti o quello che ti esalta perché ti fa percorre una direzione visiva che non intendevi o ignoravi… un processo di imitazione, esperienza e di riflessione può portare alle immagini dall’interno. La fotografia ha la funzione di aiutarci a superare l’angoscia provocata dal fluire del tempo, sia come sostituzione magica di qualcosa che il tempo annulla, sia registrando le pause della memoria, evocando momenti e situazioni che suscitano l’illusione di vincere il potere distruttivo del tempo.
La fotografia è immaginazione, pretesto per un percorso interiore ma anche percezione e certamente analogia del reale e quindi come succedanea della realtà fornisce il punto sulla visione sociale, sui miti e sulle angosce, sui mali e sulle bellezze di questo mondo. E’ un eccellente pretesto per un viaggio interiore, per esplorare nuove fascinazioni visive, per ripristinare la propria centralità contro il frastuono del bombardamento multimediale e verificare il potere nella moderna comunicazione. La fotografia può essere tutto: creazione, ispirazione, estro, poesia, partecipazione, estemporaneità, emozione, conoscenza. Si sperimentano più direzioni di ricerca nelle arti visive contemporanee (incredibile la tecnologia immaginifica delle immagini del film "Avatar"); la fotografia ha, nella società dell’immagine, una parte sempre più preminente tanto più che fotografia e forse solo lei, ha il potere di evocare un tempo indefinito, certamente quello delle nostre storie e passioni. Per questo mi piace evocare l’idea degli amici di Reggio Emilia che hanno rimosso nell’incanto, le loro storie nella Metafisica del quotidiano, con immagini di: assenza; del rituale quotidiano; di frammentazione deliberata; di provocazioni ieratiche; di architetture fantasma; di bianche allucinazioni; della danza degli inerti; degli spazi intimi; delle trame della luce. Queste immagini di conoscenza, sono in movimento nel territorio dall’incanto.
...molto,molto,molto interessante, ma non avevo dubbi.
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