Giuseppe Maiorana: chi è?
Sono uno spirito libero, con un bisogno incontrollabile di emozionarmi, con un'adrenalina creativa che mi sollecita perennemente. Per saziare questa esigenza primaria ho trovato energia nella musica (suono e compongo), nella pittura (ho realizzato diverse mostre personali e illustrazioni per libri), e nella fotografia. Sono laureato in economia e ho un master in banking and finance, ma quello è solo il Giuseppe serio e forse un po’ borioso, ma qui parliamo di "maio", quello che sta attento ad ogni particolare, ogni gesto ogni suono, lo carpisce e ne fa tesoro, quello più vero, quello che ha scelto la fotografia come meditazione. Ho avuto la fortuna di avere dei genitori che mi hanno trasmesso la passione ed il desiderio di conoscere il mondo, e la sensibilità di leggerne i preziosi messaggi. Rimasi affascinato quando a 9 anni mio padre mi mostrò, con un proiettore video8, i suoi filmini della Polinesia, della Cina del Giappone degli anni '50. Mia madre nata in Polonia mi ha invece trasmesso l’importanza di conoscere le lingue così ho imparato l’inglese, il francese, il polacco e lo spagnolo, cosa che oltre al mio lavoro mi ha agevolato nei miei giri intorno al mondo. Quando scatto una foto lo faccio per me, per appagare il mio bisogno creativo e per il desiderio di comunicare, di condividere con chi è disponibile ed ha la sensibilità per condividere non solo un’immagine ma un’emozione, ed è questo il mio intento al di là del mero fatto estetico.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
Non faccio il fotografo di mestiere, viaggio per sentire, per scoprire e affascinarmi di persone, luoghi e situazioni lontane dalla mia vita quotidiana. Da piccino ho girato in lungo ed in largo l’Europa, con la sua storia, i suoi musei (ho visitato decine di volte il Louvre ed ho ammirato gli impressionisti prima a Jeu de Paume e poi al Musée d'Orsay), le sue cattedrali, ho vissuto e lavorato a Londra. Adesso cerco quello che rimane della natura, della spontaneità della gente non ancora "totalmente" appiattita e conformata dal consumismo, dunque le mie mete favorite sono l’Africa dal Kenia in giù, (sono stato in Kenia, Tanzania, Botswana, Zambia, Namibia, Sud africa, Madagascar), America del sud e Asia, posti dove allontanandosi dalle città occidentalizzate riesci ancora a trovare, se hai gli occhi per farlo, impronte del passato. Mi piace fotografare la gente, carpire sguardi, gesti, che comunicano stati d’animo, situazioni, descrivono vite, relazioni, amicizie. Mi piace fotografare gli animali africani, respirando l’odore aspro, acre e primordiale della savana africana, immaginando che la terra sin dal suo nascere sia stata sempre così.
Quando hai iniziato a fotografare? Che attrezzatura fotografica hai utilizzato nel passato e quale stai attualmente utilizzando?
Con la fotografia non è stato amore a prima vista, il mio primo amore è stata la pittura, e conservo ancora oggi l’imprinting della composizione dell’immagine da pittore. Le prime foto che mi hanno colpito ed emozionato nell’età adolescenziale furono due scatti di Doisneau, che comprai alla Banque de l’Image a Parigi e raffiguravano "il bacio a l’Hotel de Ville (Parigi)", l’uno e l’altro alunni di una scuola elementare seduti dietro i banchi intenti a risolvere un compito; mi colpì principalmente il modo con cui l’artista aveva carpito l’espressione sognante di un alunno, un modo che a tutt’oggi riguardandola mi fa venire i brividi. Mi regalarono una Minolta, cominciai a sviluppare in camera oscura con un amico che aveva il fratello fotografo, poi 10 anni fa comperai la prima Canon digitale e tradii pellicola e diapositive. Oggi fotografo con 5D e 1D mark IV, la prima più docile per i ritratti ambientati e la seconda regina della raffica per la foto naturalistica. [...]
Sono uno spirito libero, con un bisogno incontrollabile di emozionarmi, con un'adrenalina creativa che mi sollecita perennemente. Per saziare questa esigenza primaria ho trovato energia nella musica (suono e compongo), nella pittura (ho realizzato diverse mostre personali e illustrazioni per libri), e nella fotografia. Sono laureato in economia e ho un master in banking and finance, ma quello è solo il Giuseppe serio e forse un po’ borioso, ma qui parliamo di "maio", quello che sta attento ad ogni particolare, ogni gesto ogni suono, lo carpisce e ne fa tesoro, quello più vero, quello che ha scelto la fotografia come meditazione. Ho avuto la fortuna di avere dei genitori che mi hanno trasmesso la passione ed il desiderio di conoscere il mondo, e la sensibilità di leggerne i preziosi messaggi. Rimasi affascinato quando a 9 anni mio padre mi mostrò, con un proiettore video8, i suoi filmini della Polinesia, della Cina del Giappone degli anni '50. Mia madre nata in Polonia mi ha invece trasmesso l’importanza di conoscere le lingue così ho imparato l’inglese, il francese, il polacco e lo spagnolo, cosa che oltre al mio lavoro mi ha agevolato nei miei giri intorno al mondo. Quando scatto una foto lo faccio per me, per appagare il mio bisogno creativo e per il desiderio di comunicare, di condividere con chi è disponibile ed ha la sensibilità per condividere non solo un’immagine ma un’emozione, ed è questo il mio intento al di là del mero fatto estetico.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
Non faccio il fotografo di mestiere, viaggio per sentire, per scoprire e affascinarmi di persone, luoghi e situazioni lontane dalla mia vita quotidiana. Da piccino ho girato in lungo ed in largo l’Europa, con la sua storia, i suoi musei (ho visitato decine di volte il Louvre ed ho ammirato gli impressionisti prima a Jeu de Paume e poi al Musée d'Orsay), le sue cattedrali, ho vissuto e lavorato a Londra. Adesso cerco quello che rimane della natura, della spontaneità della gente non ancora "totalmente" appiattita e conformata dal consumismo, dunque le mie mete favorite sono l’Africa dal Kenia in giù, (sono stato in Kenia, Tanzania, Botswana, Zambia, Namibia, Sud africa, Madagascar), America del sud e Asia, posti dove allontanandosi dalle città occidentalizzate riesci ancora a trovare, se hai gli occhi per farlo, impronte del passato. Mi piace fotografare la gente, carpire sguardi, gesti, che comunicano stati d’animo, situazioni, descrivono vite, relazioni, amicizie. Mi piace fotografare gli animali africani, respirando l’odore aspro, acre e primordiale della savana africana, immaginando che la terra sin dal suo nascere sia stata sempre così.
Quando hai iniziato a fotografare? Che attrezzatura fotografica hai utilizzato nel passato e quale stai attualmente utilizzando?
Con la fotografia non è stato amore a prima vista, il mio primo amore è stata la pittura, e conservo ancora oggi l’imprinting della composizione dell’immagine da pittore. Le prime foto che mi hanno colpito ed emozionato nell’età adolescenziale furono due scatti di Doisneau, che comprai alla Banque de l’Image a Parigi e raffiguravano "il bacio a l’Hotel de Ville (Parigi)", l’uno e l’altro alunni di una scuola elementare seduti dietro i banchi intenti a risolvere un compito; mi colpì principalmente il modo con cui l’artista aveva carpito l’espressione sognante di un alunno, un modo che a tutt’oggi riguardandola mi fa venire i brividi. Mi regalarono una Minolta, cominciai a sviluppare in camera oscura con un amico che aveva il fratello fotografo, poi 10 anni fa comperai la prima Canon digitale e tradii pellicola e diapositive. Oggi fotografo con 5D e 1D mark IV, la prima più docile per i ritratti ambientati e la seconda regina della raffica per la foto naturalistica. [...]
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