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giovedì 25 novembre 2010

Simona Guerra ricorda Mario Giacomelli nel decennale della morte _ 25/11/2000 - 25/11/2010

Mario Giacomelli, 1º agosto 1925 - 25 novembre 2000


"SE VIVESSI ALMENO UN GIORNO,
SE POTESSI VIVERE,
SE IO VIVO,
NON SAPRÒ MAI SE ERA VERO
CHIUDERÒ GLI OCCHI
E MI VEDRANNO MORIRE,
NON CI SARÀ NÉ PRIMA NÉ DOPO,
LASCERÒ LA MIA PORZIONE
IN UN CHIUSO GIARDINO DI SOGNI
E IN TUTTI I POSTI,
IN TUTTE LE VIE,
STARANNO A RACCONTARE
IL ROVESCIO DELLA MIA VITA
DOVE MUORE LA MORTE
...
NON SAPRANNO MAI SE ERA VERO."



Oggi, 25 novembre 2010, ricorrono i dieci anni dalla scomparsa di Mario Giacomelli. Oltre al fatto del tempo, che è passato così in fretta e che pare si sia deformato nella mia mente come un grumo di gelatina, mi soffermo a osservare un falso vuoto lasciato.

Il primo periodo in cui perdiamo una persona è quello più terribile, di certo il più duro da superare; poi con il tempo, grazie a una spinta verso la vita di cui ci hanno impregnato il DNA, allontaniamo il dolore e andiamo avanti. Nel momento in cui sono riuscita ad archiviare (non buttare) il fatto che non l’avrei rivisto più, credo di aver capito che non l’avrei mai perso veramente e che iniziava per me una nuova fase di vita con lui. Diversa certo, e non fatta della sua fisicità, del timbro della sua voce, del suo odore e di quello del suo sigaro. Ora prevalgono su tutto le sensazioni. In dieci anni sono cambiata, come tutti. Cresciuta. Mi sono successe diverse cose, e tante di quelle lezioni di vita e di cultura che lui mi ha a lungo trasmesso - ora lo capisco - non avrei potuto assimilarle nel momento in cui ha cercato di insegnarmele.

Ora, almeno per alcune, sono pronta. Ora mi succede di osservare le sue fotografie, di leggere le sue poesie, di ascoltare vecchi nastri registrati con la sua voce e anche se sono gli stessi di dieci anni fa, tutto questo immenso patrimonio di suggerimenti che Mario ha lasciato a tutti – non solo a me – assume un senso che varia con il variare delle mie esperienze di vita, dei miei umori, delle mie scelte. Le sue fotografie sono insomma l’eredità più straordinaria che egli avesse potuto condividere con noi; questa risorsa incredibile di emozione e di insegnamento sui valori più basilari dell’esistenza, che egli ha affrontato nella vita, seguitano a far sgorgare dalla sua fonte le idee che ci trasmette, i concetti suggeriti, l’attenzione che con le fotografie ci chiede di porre sui temi della vecchiaia, della morte, del senso della nostra vita. Vorrei che ricordarlo, oggi, fosse tradotto, da chi lo apprezzava, nel gesto di osservare anche solo una delle sue meravigliose opere.

Aprite Internet, cercate quella che vi appartiene di più; entrate nelle librerie e sfogliate un libro in cui siano riprodotte; visitate una sua mostra nelle città dove in questo giorno verranno fatte. Scegliete quella che sentite più vicina e osservatela e state a vedere che succede; se il vostro Essere vi suggerisce anche solo una sensazione, crederete a quello che vi ho detto.

Simona Guerra


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